27 dicembre 2011

Chiamami Nunù

Lo vogliamo un incipit anziano? Lo vogliamo.

Eeeeh siamo qui. Qui, proprio qui, qui in Calabria.

Avete presente quelle storie sul clima mediterraneo? Tutte stronzate, sembra di stare a Cime Tempestose. Lo testimoniano gli ombrelli di mia nonna vicino al portone di casa: tutti molto graziosi e tutti rotti

(parlare del tempo e della nonna accentua la natura anziana dell’incipit).

Aggiungo qualche dettaglio irrilevante che vi faccia percepire l’aria di casa: sono nella mia cameretta, nella mia cameretta ci sono dei peluche e il Signor Coniglio, il Signor Coniglio ci tiene a farvi i migliori auguri per le festività, indosso uno smalto color malva e del burro cacao, questo computer è straordinariamente tardo e il mouse professa l’anarchia.

Faccio cose, vedo gente (morta).

Credo valga la pena, a questo punto, di inserire un elenco non strettamente legato alla narrazione (inesistente).

Cose che ti possono capitare tornando in Calabria:

- Andare al supermercato e notare che, dal tuo metro e sessanta scarso, superi in altezza la maggior parte degli uomini presenti.

- Chiedere al bar una brioche e ottenere una brioche da gelato. In realtà tu intendevi un cornetto, ma due anni di residenza a Firenze ti hanno insegnato che se vuoi una cosa a forma di cornetto devi chiedere una brioche. Qui devi superare il gap linguistico e re imparare a dire “cornetto”.

- Incontrare per strada una vecchia fiamma e trovarti improvvisamente molto interessata alle vetrine (“vecchia fiamma” è un termine anziano).

- Essere fissata dalla gente, in modo insistente e senza alcuna apparente ragione.

- Vedere maldestri parcheggiatori di suv trasformare una strada a doppio senso in una a senso unico alternato e tuttavia riscontrare negli altri guidatori la più completa tranquillità.

È un elenco suscettibile di modifiche ed aggiornamenti.

Vi lascio con una canzone che mi sa di casa.




16 dicembre 2011

Mary ain't you tired of this?


Pioviggina.
Basta iniziare così, “pioviggina”, e già sai cosa ti aspetta dopo.
Fermatevi al “pioviggina”, per carità!

Starnuto.

Ora ascolto questa e penso che un po’ siamo incatenati e un po’ no.
Personalmente sono incatenata a casa perché c’è sciopero dei mezzi, altrimenti a quest’ora sarei stata in biblioteca a studiare per l’esame di mercoledì e non qui ad ascoltare i Pixies.

Da un po’ di giorni la città è triste, spenta e io tendo quasi sempre ad accodarmi al suo umore.
Ci sono gli autobus strapieni, le vecchiette incazzate, questi fottuti invasati neonazisti che sparano e ammazzano la gente.
Ci sono quelli de “l’Italia non è questa, l’Italia non è razzista”, anche se tollera e porta avanti politiche xenofobe ormai da anni, casomai fosse sfuggito.
Ma anche quelli de “Potrebbero starsene a casa loro, qui non c’è lavoro neanche per noi, se devono pregare lo facciano in garage e non in pubblico…”

Su di loro e sul loro centro di smistamento neanche mi esprimo, probabilmente rispedirebbero indietro anche me: ognuno a casa propria! Una strategia straordinariamente acuta.

Sono stanca, non vedo l’ora di dare questo esame, possibilmente superarlo e passare un po’ di tempo con i miei genitori in Terronia.

Se ci penso mi viene in mente vivida una scena di due anni fa, un pomeriggio di primavera sulla spiaggia di Briatico: non faceva ancora abbastanza caldo, ma c’erano dei ragazzini particolarmente entusiasti che si buttavano in acqua dagli scogli, sopra i quali troneggiavano i ruderi di una torretta.
A parte loro, sulla spiaggia c’eravamo solo io e mia madre, a guardare il mare.

Di lì a poco sarebbero successe davvero tante cose, soprattutto dopo il mio trasferimento; non è che voglia fare la melodrammatica, solo che quando penso che mi piacerebbe un po’ di calma mi viene naturale ricordare quel momento.

Non dovevate assolutamente andare oltre il “pioviggina”.

8 dicembre 2011

rosso e verde è l'agrifoglio lalalalalalalalalaaaa


Lamentarsi del Natale non è più di moda.

No, sul serio, potete anche smetterla di atteggiarvi a cinici, attaccare insopportabili pipponi sul consumismo e le multinazionali e “io l’albero non lo faccio, i regali non li compro, il cenone fa ingrassare, i parenti non li sopporto, che palle il mercatino, a capodanno sto a casa a vedere le repliche di Un posto al sole”.

Cioè, precisiamo, va benissimo se fate tutto questo.

Il problema, l’accadimento fastidioso, lo sfrantecamento di coglioni è quando in una normale conversazione me ne esco con una mezza frasetta innocente sull’atmosfera natalizia e tu, aspirante poeta del male col maglioncino nero infeltrito e il ciuffo scarmigliato, inizi a recitarmi il poema che già ti eri preparato da casa per l’occasione.

Un uomo profondo e incompreso, affascinante e tormentato, insofferente a tutta questa pretesa gioia, allergico alla carta da pacco e lucettefobico.

Ti senti l’albatro di Baudelaire e io ti immagino tacchino, mentre aspetto che finisca lo strazio.

Questo per dire che milito nello schieramento opposto, quello degli entusiasti: setaccio negozi e mercati da una settimana in cerca di addobbi, dal momento che, con la casa nuova, bisognava partire da zero. 

Ultimo acquisto stamattina, quando ormai disperavo di trovare le lucette per l’albero come le volevo io, cioè gialle (devo confessare un profondo odio per le lucette multicolori) e a un prezzo accettabile.

Le coinquiline sono state praticamente messe ai lavori forzati, dal momento che non condividono del tutto la mia eccitazione prenatalizia, ma considerando che torneremo tutte alle varie terre natie molto tardi ho imposto di dare un po’ di colore alla casa. Dittattrice mode.

E voi? Tacchini o entusiasti? Come vi state preparando o non preparando al Natale?

Vi lascio a riflettere con una foto del mio nano da giardino, anche lui ha l’animo tormentato.





  

2 dicembre 2011

Tedio


Tanto perché lo sappiate, sto scrivendo in attesa che si riscaldi la cera per la ceretta.
Non sentite un clima deliziosamente familiare, ora che avete letto questa cosa?
D’altronde avevo promesso a Gesù di depilarmi regolarmente e certe promesse si mantengono, poi è quasi Natale…

È quasi Natale! Sì, già.

Oggi avrei dovuto studiare parecchio e non ho neanche tentato di iniziare, però ho fatto un po’ di pulizie (tipico metodo ammazza sensi di colpa) e dato una sistemata al mio caotico spazio vitale.

Mi sono persino inerpicata su una scala, vincendo le vertigini, per tappezzare una parete di foto.

Ecco, finalmente mi sono decisa a stampare un po’ di foto dell’ultimo anno, incentivata anche dal fatto che l’aiutante del fotografo è un gran bel ragazzo.
Ciò mi ha permesso di riempire una cornice che se ne stava tristemente vuota sulla mia cassettiera ormai da mesi: una cornice triste con una storia triste, conteneva la foto di una persona che mi ha reso molto triste, ma ora la cornice non è più vuota e io non sono più triste (su per giù).

Questo post va nella sezione “privi di filo conduttore”.

Potrei spiegare perché il blog si chiama così, dal momento che mi è stato chiesto, anche se è un motivo davvero stupido. 

In sostanza cercavo un titolo carino e l’ho trovato aprendo un cassetto e trovandoci una maglietta con su scritto “Come to the dark side, we have cookies”, correlata dal disegno di un mostriciattolo fosforescente.
La suddetta maglietta (etta etta etta) è stata comprata in Galles ed è tra le mie preferite (nota biografica).

Lo avevo detto che era un motivo stupido!

Che poi un titolo del genere implicherebbe che su questa pagina si esprimesse il lato più sordido ed oscuro della mia personalità… Vi sembra che scriva cose sordide ed oscure?

Un giorno forse vi racconterò di come ho ucciso il mio amante con un girarrosto.

Mi irrita terribilmente il fatto che due giorni fa stessi guardando in streaming “Melinda e Melinda” e il modem si sia impallato gli ultimi dieci minuti di film: cosa succede in quei 10 minuti? 

La cera ormai è calda, non ho tempo di scoprirlo.