Qui giace Marzia, dignitosamente compita, con un barattolo di gelato nella mano sinistra e un cucchiaino nella destra.
Qui giace Marzia che se ne fotte del mondo: di fronte a sé uno scatolone polveroso, pieno fino all’orlo di volumi tutti ugualmente rilegati in verde.
[Mentre scrivo la banda passa per la terza volta sotto la mia finestra e dietro signore un po’ grassocce, tutte con la stessa acconciatura.]
Indossati i guanti in lattice per evitare sfoghi allergici, prende i libri uno per uno, ne legge i titoli e a volte una o due frasi pescate a caso, poi li divide tra il mucchio de “li tengo e ho intenzione di leggerli” e “non li leggerò mai, magari vanno in donazione”.
La porta del terrazzo inizia a sbattere e il vento porta l’odore del mare e dell’erba secca.
[Sono scappata di nuovo da Firenze. La amo, ma certe volte ci fa bene la distanza, come a tutte le coppie.]
Il cielo è grigio e così l’acqua, ma l’aria è molto calda. Sulla spiaggia non si vede nessuno per centinaia di metri, solo in lontananza un paio di ombrelloni e bambini armati di canne da pesca.
Le formiche insistono a volerle salire sui piedi: “ma una volta salite, che dovete fa’?”.
[A proposito di coppie: secondo voi è possibile che facendone parte si diventi più stupidi? Perché la mia impressione è quella. L’amore narcotizza i neuroni?]
Per le scale le ciabatte fanno troppo rumore, pestano forte su ogni gradino; tutto brilla, ma puzza di candeggina. Dal palazzo di fronte arriva musica (“I’m on a plane, i can’t complain!”), per il resto il villaggio è silenzioso e le finestre delle villette quasi tutte sbarrate.
[Sono stata alla nuova casa al mare, dove il vecchio proprietario ha lasciato molti suoi libri per me, soprattutto classici russi, da cui la mia somma gioia. Avrò una stanza dalle pareti blu e un terrazzino che guarda al Tirreno. So cool.]
Qui giace Marzia, che ha lasciato scivolare la domenica via, e domani andrà in comune a farsi rinnovare la carta d’identità e a fare un po’ compagnia all’unico impiegato, in maniche di camicia, sempre solo con il suo ventilatore.
[Ci scommetto che, quando non c’è nessuno, cioè la maggior parte del tempo, ci parla dentro per far la voce da robot.]