12 agosto 2011

Don't eat the yellow snow


Fu stando in fila al bagno dell’autogrill che io e Roberta ci rendemmo conto di quanto l’urina influenzi le nostre esistenze.

“E’ un argomento che merita di essere approfondito”.

Quanti momenti di vita, scanditi da fitte al basso ventre!

Partiamo da qui, dall’autogrill: un gran bel luogo di ricordi. 

La gita delle medie, il tono imperioso della professoressa quando intima di fare in fretta, che l’autobus sta per partire: l’imperituro trauma dell’essere l’ultima in fila, la paura di aprire la porta dopo aver finito e scoprire di essere stata abbandonata al chilometro cinquanta,  tra benzinai annoiati e panini con caprese.

Oppure quel giorno, qualche anno dopo, che la malandata serratura della toilette si incastrò e tu, bloccata in quel metro quadro maleodorante, non riuscivi a deciderti se chiedere aiuto e fare anche un po’ la figura dell’imbranata. 
Così, nel frattempo, ti tappavi il naso e leggevi le scritte sui muri: maniaci illusi che qualcuno sia interessato ai loro mirabolanti attributi, innamorate in vena di confessioni e viaggiatori entusiasti di comunicare agli avventori il proprio passaggio.

Cambio di scena.

Luci soffuse, molti specchi, decorazioni kitsch e il solito cattivo odore. Una fila di ragazze con vesti succinte e l’eye-liner un po’ sbavato aspettano impazienti di entrare nel solito metro quadro, mentre la musica del locale si sente ovattata da dietro al porta, aumentando di colpo quando entra qualcuno. 
La fila è lunghissima perché i cocktail non costano molto, ma soprattutto perché le ragazze sono straordinariamente lente nel pisciare: quando mi vedono entrare e uscire dal bagno in meno di tre minuti credono di aver davanti Beep Beep.

Che cosa accada dietro quella porta, perché arrivino a metterci dieci minuti, nonostante l’evidente facilità con cui quei vestiti possono essere sollevati, resterà per sempre un mistero.

Certo si potrebbe parlare di decine di situazioni diverse, dal momento che il richiamo di Madre Natura si fa sentire nei posti più disparati.

C’è la pipì obbligatoria prima della partenza, quando seduti sulla tazza ci si ripete in mente la lista delle cose da non scordare.

La pipì nei vicoli, con il brivido di essere scoperti, troppo urgente per attendere il rientro a casa o l’arrivo in un altro locale e di solito praticata da ebbri.

E poi la mia preferita, la pipì nei boschi: ricordo un picnic in montagna con i miei e una signora abbigliata in modo poco consono, con gonna e tacchi, che ci chiese dove si trovasse la toilette.
“Tutta intorno a lei, signora” rispose mio padre, indicando gli alberi che ci circondavano.

NOTA DI PRODUZIONE

Dovete sapere che fino ad una settimana fa era mia intenzione parlare su questo blog del mio viaggio a Berlino, poi però è arrivata questa idea della pipì e l’ispirazione per un diario di viaggio è svanita. 

Ora, però, mi sembra di far torto a quella bellissima città non scrivendone niente…

Perciò dirò che ha dei deliziosi bagni automatici: sono spaziosi, puliti, non eccessivamente costosi, ti danno tutto il tempo che ti serve e c’è anche della musica classica in sottofondo. 

Superiorità tecnologica tedesca.


4 commenti:

  1. Ben ritorno!!
    ma che bell'argomento... cioè Berlino dovresti parlare di brezel e wurstel&crauti e canguri, non di piscia :|

    sbaglio o c'è nientepopodimeno Frank Zappa nel titolo!! mito!!

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  2. Grazie!
    Scherzi? E' l'argomento migliore di cui potessi scrivere, ma conto di fare anche meglio in futuro.
    E sì, è il vecchio Frank.

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  3. Macchè, è un omino di pan di zenzero!

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